lunedì, gennaio 05, 2009
Sembra un sabato come tanti quello che sta per scorrere nel quieto vivere trapanese. Gli amici si organizzano per la serata, scegliendo il posto dove andare a bere, la discoteca per cui cercare i biglietti, o la casa dove fare una giocata a carte. Dentro una chiesa però, ormai da mesi, alcuni ragazzi preparano un evento, unico sì, ma certamente ripetibile. Un evento che li vedrà farsi strumenti del Dio in cui credono, strumenti che trasmetteranno questa fede a coetanei, amici, gente mai vista.

di Antonino Crivello

Comincia presto il pomeriggio, l’appuntamento è per le ore 15 davanti la curia vescovile. Proprio in quella sede siamo subito accolti in attesa dell’arrivo di tutti. Ci vorrà almeno un’oretta prima che, finalmente al completo, si possa dare il via alla prima fase della giornata, la preparazione tecnica e spirituale. Mentre i ragazzi che partecipano all’organizzazione cominciano ad arrivare, iniziamo a prendere confidenza tra di noi. Il clima è di festa, ovviamente, ognuno porta con sé i propri sogni e le proprie aspettative. In ognuno si può leggere anche una paura positiva per quello che andranno a fare in serata, tra i loro coetanei, e una gioia che indubbiamente nasce da Colui che andranno ad annunciare tra le strade di Trapani. Mi viene in mente un passo della Bibbia, quello dove i farisei interrogano Giovanni, chiedendogli chi fosse. La sua risposta “sono voce di Colui che grida nel deserto” comincia a girare nella mia mente, e mentre osservo silenziosamente i ragazzi arrivati, per un attimo comprendo come, più o meno volontariamente, ci troviamo a essere strumenti del Signore. La gioia che porta con sé questa riflessione mi spinge a fare qualche domanda a questi miei coetanei, per cercare di conoscerli e comprenderli meglio. La prima domanda che mi viene in mente è “Cosa vi aspettate?”… me lo chiedo anche io mentre comincio a trascrivere le loro risposte. “Sarà sicuramente un ottimo modo per crescere personalmente” esordisce, rompendo l’imbarazzante silenzio, Giuseppe, ”per confrontarmi con la mia stessa fede, e poi son certo che otterrà un grande riscontro”. Istintivamente proseguo, cercando di incalzarli “Come vi sentite? Cosa provate? Credete di essere pronti ad affrontare la strada?”, li scruto, pronto a non perdermi una sola parola. ”Ho timore” mi dice Chiara “l’indifferenza sarà tanta, e sappiamo bene quanto questa sia difficile da sconfiggere”. “E’ proprio il timore che sento maggiormente” ci dice Davide “riuscire a non sentirsi fuori moda, un diverso... Ma mi affido perché sono certo che Qualcuno mi darà la forza e le parole” conclude, e i suoi occhi sono testimoni delle sue parole.
“Ho la speranza che qualcuno si avvicini e possa sentirsi nuovamente amato come a mio tempo ho fatto io, certo il timore c’è, ma la speranza è più forte”, mi volto, stavolta è Eleonora a condividere con noi il suo stato d’animo. Ed è Claudia a terminare questo momento di breve ma intensa comunione: “Riuscire a vincere l’indifferenza, questo il peso che sento maggiormente…”. Sembrano concordi, in ognuno di loro probabilmente combattono l’euforia e il timore, la gioia e la paura.

Arriva Padre Saverio, la giornata entra nel vivo: è lui a proclamarne l’inizio. Intanto la piccola sala che ci ha accolti ha visto affluire tanti altri ragazzi. In seguito sempre Padre Saverio ce li presenterà, e scopriremo che vengono da tante diverse diocesi della Sicilia (Palermo, Catania, ecc.) ma non solo. Addirittura dei ragazzi di Milano saranno con noi in quella giornata! Si comincia con la visione di alcune slide che introducono un po’ la storia del movimento, la sua nascita, l’idea da cui è partito. Parla Giovanni Paolo II, che in occasione della Giornata mondiale dei giovani a Tor Vergata esorta proprio i giovani a farsi Sentinelle del mattino; in una fase storica in cui la società non riconosce più la luce, proprio a loro è dato questo mandato. “Parlare bene, sempre, di Gesù a chi non lo conosce”: questo è lo spirito che dovrebbe muovere ogni sentinella, ogni cristiano. La straordinaria voce del papa arriva in profondità, l’amore con cui il suo discorso è pronunciato riscalda i cuori. I timori di poco prima probabilmente sono già spariti.
Finisce la presentazione e con l’aiuto di padre Saverio comincia la preparazione spirituale, che ovviamente avviene nella preghiera. Cominciano i canti, le invocazioni allo spirito, le preghiere personali in cui ognuno decide di lasciare ogni paura al Signore, certo che Egli elargirà doni in grande quantità.
Rimaniamo ancora nella stessa stanza, che sembra non riuscire più a contenere le persone che continuano ad arrivare (mi sembra adesso di contare circa una sessantina di persone). Ha inizio un breve insegnamento dove Padre Saverio, con spiccata abilità oratoria, ci narra della vita di Gesù, della sua missione, del modo che aveva Lui di evangelizzare le genti; le folle che gli si riunivano intorno, segno che dall’inizio dei tempi l’uomo sente l’intima esigenza di Dio; l’importanza delle parabole nei Suoi dialoghi, come racconti tratti da esperienze di vita concreta. Infine si affronta il tema dell’importanza del seme e del seminatore. Ci viene fatto capire semplicemente quanto è importante che il seme venga sparso, senza pregiudizi umani, senza preconcetti. Non è dato a noi conoscere la bontà del campo. In fondo il seme non ci appartiene nemmeno, e la quantità di semi è illimitata. Ma come Egli stesso ci dice, a prescindere dal terreno “il ricavato sarà del trenta, del sessanta o del cento”… insomma, c’è sempre un guadagno!
Marco, alla fine dell’insegnamento, condivide con noi la sua esperienza da sentinella: “La gente ha voglia di parlare, di capire e soprattutto quelli che a nostro giudizio non sembrano “buoni” si rivelano i più interessati”. Ancora un’esortazione, che ci accompagnerà per tutta la giornata, di Padre Saverio: “Ricordatevi sempre che, comunque vada, sarà un successo”.

Sono già passate tre ore e sembra che nessuno ne avverta il peso; adesso è il momento della preparazione “tecnica”, cioè cosa c’è da fare, come va fatto, dove, quando. Nessuno sembra volersi perdere nemmeno una parola e tutti continuano a guardare attenti Padre Saverio, che dal canto suo non sembra avvertire alcuna stanchezza. Viene spiegato ad ognuna della quattro èquipe (evangelizzazione, accoglienza, intercessione e musica) cosa deve fare. Ad ogni coppia di evangelizzatori, un ragazzo e una ragazza, verrà affidato un intercessore che in adorazione pregherà per loro, per le persone da loro incontrate e per la riuscita della loro missione. I ragazzi dell’accoglienza hanno il compito fondamentale di affiancare coloro che sentiranno la “chiamata”, quelli a cui il messaggio d’amore arriverà nelle orecchie e nell’animo, e di farli sentire come a casa, come se stessero camminando verso di Lui, verso il suo amore, insieme ad un amico. I cantori, strumento fondamentale di cui il Signore si serve per sciogliere anche i cuori più duri e per prepararli all’incontro. Infine i sacerdoti, che nelle navate attendono coloro che a seguito dell’incontro in adorazione hanno l’esigenza intima di scusarsi, di interrogarsi, di confessarsi. Quello che mi sorprende positivamente è la cura estrema di ogni dettaglio. Niente sembra essere lasciato al caso, penso che sia un atteggiamento fondamentale quando si organizzano eventi che trattano di temi così seri.
Inizio a riflettere sull’importanza del sacramento del perdono: credo che sia una conseguenza naturale dopo aver percepito profondamente l’amore di Dio volersi riconciliare a Lui. A interrompere questa personale riflessione è l’invito a spostarci per mangiare, sono arrivate le pizze. Sarà un’ulteriore occasione per conoscere altri ragazzi, e intanto un pensiero va a chi, inspirato dallo Spirito, sceglierà come sistemare i giovani nelle varie équipe. Già, perché tranne i cantori nessuno sa cosa è chiamato a fare in questa serata! Proprio come in una squadra che lavora per lo stesso fine, ognuno è in grado di compiere ogni lavoro, così da poter svolgere qualsiasi missione gli venga assegnata e poter essere d’aiuto, se necessario, a ciascun fratello.

Finita la cena tutti mi sembrano a dir poco intrepidi, frementi di applicare ciò che hanno udito, di confrontarsi con la propria fede, sotto la Luce protettiva di Nostro Signore. Ci spostiamo in chiesa, e uscendo dalla curia vescovile che ci aveva accolto, ci accorgiamo che la pioggia ha intenzione di rovinare il nostro bel progetto. Difficile andare per strada a cercare giovani con quel tempo, difficile più che altro che i giovani trapanesi escano di casa a fare un passeggiata. Indubbiamente un velo malcelato di delusione compare nei giovani che man mano escono dalla porta e guardano il cielo… tutti porgono un palmo al cielo e capiscono che forse non smetterà così facilmente.

La chiesa del collegio che ospiterà la serata è già stata preparata e ci aspetta a pochi metri. Aspettiamo il vescovo, a lui spetta il compito di dare il mandato ai ragazzi che ormai a breve effettueranno il primo esperimento di “Una luce nella notte”. Preghiamo tutti insieme e ascoltiamo la Parola, che poi il vescovo stesso commenta: è un passo della Bibbia (Luca 10,1-2.16-24) che affronta proprio il tema dell’importanza della missione evangelica, di rendersi operai alla messe di Cristo. Infine un membro della pastorale regionale annuncia i nomi dei giovani, e insieme al nome proclama anche l’èquipe a cui sono stati assegnati. I “convocati” si riuniscono tutti insieme, formando un semicerchio intorno all’altare, e il vescovo dà loro il mandato e una croce, simbolo appunto del mandato che ognuno di loro ha personalmente ricevuto.
La pioggia ha smesso di cadere: c’è un motivo in più per sorridere questa sera e per affrontare il proprio durissimo compito con una nuova forza nel cuore. Così i cantori tornano al loro posto e meravigliosamente cominciano a intonare canti d’adorazione, mentre il gruppo degli intercessori si sistema sulle panche e cerca di trovare una pace interiore per poter al meglio affrontare il duro compito che li attende. I delegati all’accoglienza si sistemano davanti la porta della chiesa e sembrano ancora incerti su cosa dovranno dire o fare a coloro che, titubanti, varcheranno la soglia dell’ingresso. Infine le varie coppie a cui è stata assegnata una zona del centro cominciano la loro ricerca. Sono armati di un solo foglietto, dove viene indicato dove e cosa si sta svolgendo alla chiesa del collegio. Tutto il resto dovranno farlo le loro parole, la loro capacità di farsi testimoni di Cristo.
Nella chiesa intanto è scomparsa la luce, o meglio, l’unica cosa che è possibile vedere distintamente adesso è la Vera Luce. Viene esposto il Santissimo Sacramento. Mi metto in adorazione anch’io e poco dopo sento l’esigenza di aprirmi in confessione. Quando finisco non mi sono nemmeno reso conto che già i primi frutti del lavoro di questi ragazzi si vede, alcuni giovani varcano la porta della chiesa. Che impressione devono aver avuto quando, entrando al buio, hanno visto chiaramente davanti ai loro occhi l’ostensorio, con al centro ben illuminato il sacramento di Gesù Eucarestia! Forse già in quel momento la loro anima ha capito ciò che la mente spesso si rifiuta di capire. Mi rialzo e osservo quella coda che proprio davanti all’altare si comincia a formare. L’èquipe dell’accoglienza svolge uno splendido lavoro, probabilmente non si chiedono più cosa devono dire, tutto nasce spontaneamente sotto l’influenza di quell’amore che maestosamente illumina la chiesa, il centro, Trapani tutta.
Esco per strada solamente dopo un’oretta, e incontro una coppia di evangelizzatori. Senza pensare chiedo loro: “Come sta andando?”, “E’ l’indifferenza il più grande problema, sembra che molti abbiano smesso di interrogarsi. Fare la differenza e trasmettere loro la voglia di scoprire il vero amore è una cosa difficile, ma stiamo vedendo dei risultati, c’è gente che si sta avvicinando, e questo ci aiuta a proseguire.”
Questa lunga giornata ovviamente si porta dietro anche un “peso fisico”, almeno è quello che avverto io, ma loro no: è già scoccata la mezzanotte e non hanno nessuna intenzione di fermarsi. Padre Saverio rimanda la chiusura della chiesa, ancora tanti giovani entrano, si mettono in fila, poi in adorazione, infine prendono casualmente, vicino all’altare, un piccolo foglietto contenente una frase della Bibbia. Forse è lo Spirito a guidare questa pesca. In piena libertà, c’è chi parla con il ragazzo che li accompagna, chi sceglie di stare in silenzio, chi infine si riconcilia grazie alla confessione. Si respira un’aria stupenda in quella chiesa e un brivido mi coglie mentre cerco di rimettermi in adorazione. Stupendi sono i canti, “Dio è amore” è la frase che ormai incessantemente pervade i miei pensieri. La corale ogni tanto proclama alcuni frammenti della Bibbia contribuendo a creare un’atmosfera unica, un senso di comunione profonda con Colui che brilla al centro delle nostre vite. Riesco difficilmente a tornare in adorazione, mi attraggono troppo tutti quei ragazzi, dai vestiti e dai modi più disparati, che stanno ordinatamente in fila e si avvicinano per l’adorazione. Passa ancora un’ora, solo quando arriva l’una di notte si comincia a chiudere la porta, aspettando che gli ultimi giovani presenti in chiesa compiano il loro percorso e lascino con una consapevolezza nuova quest’incontro.

La serata volge al termine, l’euforia è tanta. Le parole di Padre Saverio, “Comunque vada sarà un successo”, sembrano essersi pienamente realizzate. I ragazzi si abbracciano, cantano ancora un po’ e ridono, incapaci di contenere quella gioia immensa che i loro cuori hanno accolto. Gesù eucarestia viene riposto, adesso davvero è il momento di sistemare, fare un minimo d’ordine e di andare via. Li osservo nuovamente mentre si salutano tra loro: c’è chi si dà appuntamento al prossimo incontro e chi invece pensa di aver consumato troppe energie e cerca
quindi di coinvolgere altri amici nella ricerca di una pizzeria ancora aperta nonostante l’ora.

Uscendo vengo attratto dalle decorazioni del centro. Ogni pochi metri, dai balconi, scendono delle luci che terminano con delle stelle. Penso a quante luci questa sera sono uscite per strada per brillare e schiarire le tenebre nelle vite di tante persone… rifletto su come possiamo, solo volendolo, essere davvero strumento della vera Luce… rimango ancora un po’ con gli occhi alzati prima di allontanarmi dal centro insieme ad un gruppo di queste straordinarie Sentinelle del mattino.



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