martedì, agosto 11, 2009
di Monica Cardarelli
La povertà (2° parte)

Il paradosso per eccellenza, quello a cui Chiara teneva tanto e per cui ha lottato tutta la vita per poterlo affermare, è il privilegio di non avere privilegi: il privilegio della povertà. Quando Francesco, solo tre anni dopo l’ordinazione di Chiara, le chiese di essere nominata Abbadessa della sua comunità, Chiara rimase perplessa ma capiva che era forse l’unico modo per attribuire una forma giuridica alla vita monastica che avevano sognato insieme. Infatti, il titolo di Abbadessa le avrebbe conferito piena autonomia ma non corrispondeva alle condizioni sociali e economiche di San Damiano. Chiara accettò, redasse la sua Regola ma allo stesso tempo riuscì ad ottenere un privilegio che riconoscesse piena autonomia e originalità alla comunità: la povertà. Temeva, infatti, che col tempo si perdesse quella che per lei era una delle basi della sua scelta di vita. “Ed io, Chiara, benché indegna, la serva di Cristo e delle Sorelle Povere del monastero di San Damiano e pianticella del padre santo, poiché meditavo, assieme alle mie sorelle, la nostra altissima professione e la volontà di un tale padre, ed anche la fragilità delle altre che sarebbero venute dopo di noi, temendone già per noi stesse dopo la morte del santo padre nostro Francesco, perciò più e più volte liberamente ci siamo obbligate alla signora nostra, la santissima povertà, perché, dopo la mia morte, le sorelle che sono con noi e quelle che verranno in seguito, abbiano la forza di non allontanarsi mai da essa in nessuna maniera.” (Testamento di S. Chiara, 37-39)

Chiara chiese direttamente al papa Innocenzo III un riconoscimento molto particolare: il cosiddetto ‘privilegio della povertà’. “Innocenzo, vescovo, servo di Dio, alle dilette figlie in Cristo, Chiara e le altre ancelle del Cristo della Chiesa di San Damiano d’Assisi, tanto presenti che future, che hanno professato la vita regolare, in perpetua memoria. Com’è manifesto, desiderando ardentemente di dedicarvi al solo Signore, avete abdicato all’appetito delle cose temporali; perciò venduto e distribuito ai poveri, vi proponete di non avere alcun possesso, aderendo in tutto alle vestigia di colui che per noi si è fatto povero, via, verità e vita; né da un tale proposito vi fa fuggire l’inopia delle cose; infatti la sinistra dello sposo celeste è sotto il vostro capo per sostentare le infermità del vostro corpo, ce avete sottomesso alla legge dello spirito con carità ordinata. Sicuramente, colui che pasce gli uccelli del cielo e veste i gigli del campo, non vi mancherà per il vitto e parimenti per il vestito, finché, passando, non serva sé stesso a voi nell’eternità, cioè quando la sua destra più felicemente vi abbraccerà nella pienezza della visione.

Come dunque avete supplicato, corroboriamo il vostro proposito di povertà altissima con il favore apostolico, accordandovi, con l’autorità della presente, che non possiate essere forzate da nessuno a ricevere possessi. (…)”
Oltre ad essere il più antico testo che parli di comunità francescana, con questo documento la povertà assume un valore giuridico. Viene quindi riconosciuta giuridicamente la possibilità di vivere senza garanzie una vita senza privilegi o, come amava dire Chiara, con un unico privilegio, il privilegio della povertà. La povertà, però, non era per Francesco e Chiara fine a se stessa né un modo per mortificarsi quanto piuttosto la maniera per condividere i propri beni con i fratelli. In questo senso possiamo affermare che Francesco e Chiara sono stati i primi ad incarnare e vivere personalmente i principi della Dottrina sociale della Chiesa come, in particolare, l’universale destinazione dei beni. Giustizia non è dare a tutti nella stessa misura quanto piuttosto dare a ciascuno ciò di cui ha bisogno. La povertà, riveste per Francesco e Chiara l’inizio della giustizia. Infatti, non c’è giustizia senza carità.

La principale attenzione di Chiara era rivolta ai fratelli, alla persona umana nella sua interezza e alle relazioni umane profonde. In sintesi, Francesco e Chiara hanno semplicemente vissuto il cristianesimo e l’amore di Cristo per gli uomini. Le grandi contraddizioni della vita di Chiara ne fanno la sua grandezza e unicità. Le scelte di una donna che, in un percorso graduale, è riuscita a dare vita ad una scelta monastica cristiana essenziale per sé e per le comunità future. “Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle, presenti e future, che si studino sempre di imitare la via della santa semplicità, dell’umiltà e della povertà, ed anche l’onestà di quella santa vita, che ci fu insegnata dal beato padre nostro Francesco.” (Testamento di S. Chiara, 56-58)

La comunità e la condivisione con le Sorelle; la vita di clausura di una comunità aperta che dà importanza alle relazioni umane; la preghiera costante e continua; il lavoro come strumento per donare agli altri; la povertà come sostentamento e principio di giustizia e di fratellanza; l’affidamento a Dio in quanto creatura consapevole che il Suo amore tutto copre e tutto dona. “Siate sempre amanti di Dio e delle anime vostre e di tutte le vostre sorelle, e siate sempre sollecite nell’osservare quanto avete promesso al Signore. Il Signore sia sempre con voi, ed Egli faccia che voi siate sempre con lui. Amen.”
(Benedizione di S. Chiara)

1° parte: Il lavoro


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