domenica, ottobre 25, 2009
Al termine del mese dedicato alle missioni, il nostro redattore Padre Renato ci fa riflettere proprio sul senso più profondo e personale della missionarietà

Il termine di una celebrazione eucaristica, per l’assemblea cristiana, è il momento dell’invio. L’invio non è un rito di chiusura. È invece la grande apertura sul mondo, come se tutti uscissimo per la grande porta spalancata della chiesa... Il cristiano diventa, allora, un missionario. Ciò fa parte della sua stessa identità: è inviato al mondo come il Cristo, l’inviato prediletto del Padre. Così, come il cuore di un uomo vive del doppio movimento di sistole e di diastole, dell’espandersi e del ritrovarsi, i cristiani vivono questa medesima dinamica. Movimento del riunirsi attorno al loro Signore Risorto. Movimento del disperdersi nel mondo. Un duplice incontro. E concretamente, per ogni cristiano una duplice fedeltà. Perché proprio nel mondo dove ognuno vive si è invitati a costruire i valori evangelici appena proclamati, ascoltati e cantati insieme, in comunità.

Essere missionario è annunciare una buona novella, una gioia. Non è spargere lamentele o disgrazie. È testimoniare la gioia di aver incontrato Dio, Colui che ci ha trasformato. Lui ci ha nutrito di coraggio, di apertura di spirito, di compassione, di spirito di servizio, di solidarietà. La forza della testimonianza nascerà dalla nostra trasformazione... altrimenti, che Dio avremmo mai incontrato?

Essere missionario è mettersi in cammino. È passare delle frontiere, le nostre molteplici barriere, per poter finalmente incontrare l’altro. Ed è l’altro per storia, per convinzione, religione o origine differenti. Costruire insieme, in fondo, qualcosa di nuovo, di bello e di umano, che Dio stesso ha immensamente desiderato.

È il suo invito ad abitare terre e cieli nuovi. Per costruire un avvenire che non appartiene se non a Lui, ma che si nutre ora della nostra apertura, della nostra grandezza d’animo o della nostra mano tesa. Atteggiamenti, questi, indispensabili oggi per far vivere il mondo. Gesti, invece, di chiusura, di intolleranza o di esclusione lo farebbero morire. Sì, il nostro mondo multicolore, vario e quotidiano che Dio ama.

Uscendo di chiesa, allora, quale missione sto portando al mondo?

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