venerdì, dicembre 11, 2009
del nostro redattore Carlo Mafera

La cultura zingara è un patrimonio dell’umanità e abbiamo il dovere di preservarla dalla sua estinzione. L’interculturalità, la reciproca conoscenza e soprattutto il rispetto sono alla base non solo del mondo dei Rom ma anche alla base della fine del mondo tout court. L’olocausto è proprio il frutto della mancanza di rispetto e della paura dell’alterità e della diversità. Quest’ultima talvolta confusa con la somiglianza. Gli zingari infatti erano anch’essi ariani come i tedeschi perché le loro origini erano indiane. Ma come dice giustamente Vittorio Giuntella nel libro Il nazismo e i lager “le cifre sono importanti, certo, ma diventano irrilevanti se relative al giudizio storico che bisogna emettere contro uomini che predicarono l’annientamento totale di altri uomini colpevoli soltanto di appartenere ad etnie diverse aventi valori e stili di vita differenti”. Insomma i lager sono apparsi lo sbocco logico, non folle né episodico di quella concezione che sostiene che non bisogna tollerare la differenza e l’opposizione. E se questo è vero nel macrocosmo sociale, lo possiamo riscontrare quotidianamente nel microcosmo dei nostri rapporti interpersonali. Chissà quante volte siamo stati soggetti o anche oggetto di intolleranza. E la base di tutto ciò c’è fondamentalmente la paura dell’altro, del diverso da me. Ciò che distingue dal gruppo del “noi” è pericoloso e diviene nemico totale - afferma la storica Giovanna Boursier nel suo libro Lo sterminio dimenticato - “nei campi e per le strade di tutta l’Europa sono morti infatti, assieme ad ebrei e zingari, migliaia di russi, politici perseguitati, credenti di diverse religioni, omosessuali e tanti uomini e donne di diverse nazioni.” Mi sembra però giusto ricordare questo specifico olocausto, cioè quello dei Rom perché è passato un po’ inosservato rispetto a quello più eclatante degli ebrei. Certo, indagare nel periodo nazi-fascista è un’impresa ardua soprattutto nei riguardi delle persecuzioni dei Rom. Infatti la distruzione dei documenti compiuta dai carnefici alla vigilia della sconfitta, le poche testimonianze rintracciate e anche la specificità della cultura Rom, quale il nomadismo, l’oralità e il rifiuto di parlare del passato, rendono difficile una definitiva ricostruzione delle violenze e delle morti subite. Mentre gli ebrei hanno costruito una gigantesca industria della memoria per rispondere all’apocalittica distruzione e annientamento del loro popolo, i Rom invece, per la loro filosofia del carpe diem, hanno risposto con l’oblio. Dobbiamo sperare che la cultura zingara non si estingua come si è estinta in passato la cultura Incas, Maya e Azteca a causa dell’etnocentrismo occidentale alla cui base c’è un profondo egoismo. “Ma chi è questo essere umano abbandonato prima dell’olocausto, durante l’olocausto e dopo l’olocausto? “ – dice Bruno Nicolini sacerdote fondatore nel 1963 dell’Opera Nomadi. “Gli zingari – egli continua – non hanno un territorio autonomo, non hanno istituzioni come noi le intendiamo, nessun eroe, niente leggi, non hanno né eserciti né colonie quindi non si prefiggono di raggiungere alti interessi nazionali”. E forse per questo danno fastidio a noi oggi e hanno dato fastidio ai nazisti ieri perché l’effetto specchio rimette in discussione il nostro egoismo.” E ancora ribadisce Bruno Nicolini “ Un popolo senza voce, un vero paradosso se si pensa che la loro cultura e le molteplici tradizioni si tramandano da secoli per via orale e la maggioranza degli zingari sia analfabeta. Sono gli ultimi degli ultimi – conclude Nicolini – niente risarcimenti, niente riconoscimenti, ma soprattutto la drammatica situazione a tutt’oggi cioè la sistematica soppressione di alcuni diritti fondamentali appartenenti ad ogni individuo. Sono invisibili giuridicamente, inesistenti ma in particolare mediaticamente assenti : nella società dell’immagine chi non appare non esiste”. E per questo che ho scritto questo articolo. Mi sono avvicinato al mondo degli zingari per superare quella superficiale conoscenza intrisa di luoghi comuni che poi genera odio. Sono gli stereotipi e i pregiudizi che sono alla base della distruzione dell’altro. È risaputo che l’ignoranza genera e si nutre di fobie e di paure per le quali l’oggetto della non-conoscenza viene caricata di significati non reali e intrisi di proiezioni personali completamente negative. Per comprendere il frutto maledetto di questa ignoranza, bisogna ricorrere ai dati statistici. Il “Porrajmos” (cioè il divoramento), l’annientamento dei Rom e dei Sinti ammonta a circa mezzo milione di morti, ma non furono i nazisti quelli che ne uccisero di più , bensì gli Ustascia croati (regime alleato del Terzo Reich) che da soli decimarono 90mila Rom. Poi i Rumeni ne ammazzarono 36mila ; i Russi ben 35 mila. Anche gli italiani si macchiarono di questo odioso olocausto con mille zingari uccisi. (Nella foto si possono riscontrare i dati paese per paese). Penso che il senso di grande vergogna ci dovrebbe sopraffare per noi che ci riteniamo popoli civili. Gli zingari, o meglio alcuni di essi, talvolta ricorrono al furto per sopravvivere ma noi cosiddetti occidentali, andiamo oltre : uccidiamo. E leggendo le cronache di quei massacri, dovremmo intitolare i nostri manuali di storia non più “Storia della civiltà occidentale”, bensì “Storia della inciviltà occidentale”!!!!

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