sabato, giugno 05, 2010
L’on. Ceccanti ha discusso con noi su tante questioni di attualità (clicca qui per ascoltare l’intervista audio)

del nostro Fabio Vitucci

Siamo qui oggi con l’on. Ceccanti. Innanzitutto la ringrazio, a nome della redazione e di tutti i lettori de La Perfetta Letizia, per il tempo che mette a disposizione della nostra rivista. Noi siamo una piccola rivista cattolica on line, anche se ci piace ricordare sempre che Google ci indicizza come la prima rivista cattolica in Italia. Per noi è un piacere parlare con un Senatore della repubblica Italiana, per di più cattolico. E sarà proprio a queste sue diverse anime che ci rivolgeremo in questa intervista, A me poi, da più di 25 anni tesserato di Azione Cattolica, piace ricordarla come presidente della FUCI. Sappiamo inoltre che è professore ordinario di diritto pubblico comparato presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università "La Sapienza", presidente del Comitato Scientifico dell'associazione ulivista "Libertà Eguale" e promotore dell'Associazione "Qualelaicità".

D - Ma partiamo rivolgendoci al Ceccanti costituzionalista: cosa pensa dell’ultima querelle su intercettazioni, libertà di stampa e violazione dei principi costituzionali?
R – Noi dobbiamo partire da questo: l’attuale status quo che consente dei fenomeni di gogna mediatica di varie persone, sia che siano imputati, sia che non centrino niente, è accettabile oppure no? Evidentemente no. Quindi c’è un problema oggi, senza cambiare le norme, di violazione del diritto alla privacy. Ciò detto, la maggioranza ha iniziato questo percorso in nome del diritto della privacy cercando però di scardinare del tutto le intercettazioni. E quindi ha messo tali e tanti limiti alle intercettazioni che il testo originario finiva in qualche modo per avere l’effetto opposto: garantiva la privacy e colpiva la sicurezza dello Stato. Questo al di là del problema dei media, perché secondo me quello dei media è un problema un po’ artificioso, perché tutti i limiti che si possono mettere ai media, per come funzionano oggi i meccanismi di comunicazione, sono aggirabili: un blog messo in India, o El Pais in Spagna com’è capitato per alcune foto, può tranquillamente pubblicare. Il problema vero è avere dei vincoli serissimi per il rispetto del segreto istruttorio da parte dei magistrati, cioè ci deve essere un sistema per cui le notizie non devono uscire alla radice, e non limitare le intercettazioni. Se è così, ci teniamo dentro la Costituzione, garantendo simultaneamente la sicurezza dello Stato e la privacy.

D - A proposito proprio della Costituzione, ormai bistrattata da più parti: lei pensa che alcuni articoli della Costituzione debbano essere cambiati, o pensa che i principi fondamentali della Costituzione possano valere anche oggi in una società in continua evoluzione?
R - Ecco, anche qui ci sono dei rischi opposti: alcuni si mettono a fare un revisionismo dei principi, o della prima parte… Ora, è vero che se noi dovessimo oggi scrivere la prima parte, scriveremmo probabilmente alcune cose in maniera diversa… per esempio oggi c’è una diversità sensibilità ambientale, e ci scriveremmo direttamente diritto all’ambiente. Però la corte Costituzionale su questi aspetti e principi fa lei l’integrazione. Che cos’ha detto per esempio sull’ambiente? Esiste una tutela della salute ed esiste una tutela del paesaggio: sommati, danno il diritto all’ambiente, senza bisogno di ritoccare la Costituzione. Abbiamo fatto qualche limitato e giusto intervento sulla prima parte per eliminare la pena di morte anche nel codice penale militare di guerra, o per garantire le pari opportunità uomo-donna perché la Corte aveva detto che l’articolo 3 le proteggeva solo in ambito socio-economico. Ma ciò detto, in linea generale nella prima parte non emergono particolari necessità di modifica. Ci sono invece delle necessità di modifiche sulla seconda parte: primo, perché il nostro stato è sorto già in maniera centralistica, e poi è risorto dopo la Seconda Guerra Mondiale in maniera centralistica, per cui le Regioni si sono inserite su uno stato che è rimasto uguale. E poi, anche la riforma dell’articolo 5° che ha cercato di risistemare le cose, non ha toccato però la struttura del Parlamento. Finché non troveremo la modalità per avere i vari territori rappresentati in una seconda camera, e quindi non completiamo il tetto del percorso, la riforma rimane a metà.
E poi c’è l’altro problema: il costituente allora era preoccupato, giustamente, in un paese duramente lacerato, che chi fosse all’opposizione non si sentisse l’opposizione dello Stato e chi fosse al governo non si sentisse lo Stato. E quindi ha creato un sistema di governo debole, che poi nel corso degli anni si è rivelato inadeguato, per cui si è creato una situazione di fatto un po’ confusa in cui il governo si è arrogato dei poteri, per esempio i decreti leggi, le fiducie e così via. Quindi noi dobbiamo riportare il sistema ad una fisiologia simile a quella delle democrazie europee: il cittadino sceglie da chi vuole essere governato per la legislatura, ci sono alcuni diritti stabiliti chiaramente per chi governa e ci sono delle nuove forme di garanzia. Quindi qui ci sono una serie di accorgimenti da fare che possono essere fatti modificando alcuni articoli della Costituzione.

D - Stasera a Pisa lei presiederà un dibattito dal tema “La cultura politica democratica e la sfida del bene comune: società e istituzioni”, incentrato sulla prossima Settimana Sociale dei Cattolici Italiani a Reggio Calabria. Come è possibile conciliare i principi cattolici, di cui lei è portatore, con una società laica (e forse ormai laicista) come quella italiana? Come rispettare il pensiero di tutti anche in questioni fondamentali per i cristiani come l’aborto o l’eutanasia?
R - Anzitutto devo dire che quest’anno, meritoriamente, il documento della Settimana Sociale è stato scritto dopo vari incontri tra i parlamentari, mentre nelle scorse edizioni, per paura di divisioni, i parlamentari non erano stati nemmeno invitati. Secondo me, non partiamo da zero neanche in Italia: c’è un lungo percorso di storia del movimento cattolico, anche nel dopoguerra, che ha dimostrato, sia pure con tensioni che sono inevitabili, che è possibile conciliare una forte ispirazione religiosa con una forte tensione unitaria a rappresentare tutti. Infatti anche il documento fa riferimenti molto precisi a figura storiche del movimento cattolico che hanno incarnato queste posizioni.
Ora, per quanto riguarda i nodi che ha citato lei, il nodo dell’aborto non è un problema di legge, cioè non c’è oggi un dibattito sulla modifica della legge dell’aborto, mentre c’è un dibattito su come applicare in modo rigoroso la prima parte della legge 194, che non hai mai configurato l’aborto come un diritto ma l’ha depenalizzato in alcune situazioni cercando di favorire una scelta per la vita. E quindi è aperto tutto il tema delle politiche necessarie a convincere le persone ad una scelta per la vita, rispettando in alcuni casi il limite della depenalizzazione. Su questo, secondo me, meno ci sarà polemica ideologica più sarà facile fare insieme politiche di questa natura.
Per quanto riguarda l’eutanasia, i progressi della scienza medica hanno posto in luce alcune situazioni in cui non è tanto facile discriminare in maniera netta quello che è accanimento terapeutico, che è inaccettabile perché viola la libertà delle persone, da quello che è eutanasia, che è invece inaccettabile perché lo Stato è per la vita delle persone, non per la soppressione della vita. E quindi è chiaro che i giudici, ma anche il legislatore, fanno un po’ fatica ad individuare, caso per caso, che cosa può essere accettato e cosa no. Secondo me però qui dovremmo tutti, cattolici, laici, musulmani, fare uno sforzo di moderazione, per non scambiare i nostri principi con gli strumenti: ci sono dei principi, poi bisogna valutare bene in che ambito rientrano gli strumenti.

D – A proposito di ideologie, un tema sempre sul banco del dibattito italiano è quello dell’intervento della Chiesa su questioni e che riguardano l’intera collettività italiana. Sono immancabili le critiche nei confronti del Vaticano ogniqualvolta che il Papa o la Cei si esprimono su questioni riguardanti la società italiana. Quale deve essere secondo lei, politico e cattolico, il rapporto tra la Chiesa e lo Stato Italiano? E con quale ottica guarda agli interventi del Papa e dei vescovi su questioni che riguardano la società italiana?
R - Io sono ogni volta stupito che si dibatta della legittimità di questi interventi anziché del merito. E’ assolutamente pacifico che in uno stato laico in cui la fede non è ridotta a fatto privato, ma è un elemento pubblico, chiunque interviene e dice cosa crede, si sottomette alla legge del consenso. Per cui, ci sono dei vescovi che vogliono intervenire anche a favore di una determinata legge? Intervengano: se io sono d’accordo, dirò che sono d’accordo; se non sono d’accordo, non trattandosi di materia dogmatica, dirò che non sono d’accordo. Altrimenti rischiamo un meccanismo schizofrenico per cui quando i vescovi intervengono sull’immigrazione, plaude la sinistra e la destra grida all’ingerenza, quando i vescovi parlano dell’aborto, avviene il contrario. La sfera pubblica è fatta di tanti soggetti che intervengono, poi la politica decide.

D - Lei è un esempio virtuoso di un cattolico impegnato in politica: è sempre riuscito a conciliare le sue scelte politiche con la sua 'missione' di cattolico? Ci sono state occasioni in cui ha votato contro le scelte del suo partito, perché lontane dai principi in cui crede?
R - A dir la verità, io faccio il parlamentare dal 2008 e non mi sono mai capitati casi di questo tipo, particolarmente delicati. Abbiamo avuto un passaggio, quello sul testamento biologico… innanzitutto, ci fu il conflitto di attribuzione contro i giudici della Cassazione: il Parlamento non aveva legiferato, mentre i giudici avevano fatto un sentenza che su qualche punto si poteva discutere (per esempio quando ricostruivano induttivamente ex-post la volontà di Eluana Englaro) ma la colpa era del Parlamento che non aveva fatto la legge. Era inutile andare alla Corte Costituzionale contro la Magistratura che aveva deciso perché il Parlamento non aveva deciso niente. E poi noi abbiamo cercato con un ragionamento di emendamenti mirati di evitare l’eutanasia, ma di evitare anche l’accanimento terapeutico. Anche alcuni autorevoli esponenti del centrodestra , particolarmente sensibili alle questioni religiose, hanno sostenuto che il testo uscito dal Senato andava verso l’accanimento terapeutico (cito per tutti l’ex presidente del Senato Pera, che non è sospettabile, almeno in questa fase della sua vita, di deviazioni di tipo laicista).

D - Cosa si sente di suggerire ai cattolici, sempre meno impegnati in politica e sempre più distanti da essa? E lei ha avuto qualche modello che l’ha guidata nella sua carriera politica?
R – Anzitutto, i cattolici potrebbero leggersi questo bel documento sulla Settimana Sociale, che secondo me è un testo di cultura politica molto pregevole, anche per dei non cattolici: ci sono degli spunti di riflessione molto interessanti sul ruolo dello Stato nell’economia, su vari aspetti come l’integrazione degli immigrati, niente affatto scontati.
Per la seconda domanda, direi proprio di sì: essendo io cresciuto nella FUCI, le figura principali di riferimento sono sempre state Alcide De Gasperi e Aldo Moro.

D - Andiamo verso la fine dell’intervista. Come docente universitario, lei è sempre a contatto coi giovani: crede che siano ancora in grado di essere “luce del mondo e sale della terra”, per citare Giovanni Paolo II, o li ritiene privi ormai di valori e di speranze?
R - No, guardi, secondo me il problema dei giovani in questa fase storica è che sono inondati e protagonisti delle più varie proposte di valori. C’è un problema di orientarsi rispetto ad un eccesso di proposte: non c’è un vuoto, c’è un troppo di pieno! E quando c’è un troppo di pieno, per certi versi è ancora più difficile orientarsi e ricostruire un ragionamento coerente.

D - Chiudiamo infine con una domanda sulla recente strage compiuta dall’esercito israeliano sulla flottiglia dei pacifisti che cercavano di portare aiuti nella striscia di Gaza: lei ritiene che l'Onu abbia gli strumenti per intervenire ed imporre ad Israele di rimuovere l'embargo sul popolo palestinese? E il conflitto israelo-palestinese avrà mai una soluzione che porti finalmente la pace tra i due popoli?
R – A me il problema sembra questo: negli ultimi anni abbiamo avuto una radicalizzazione di entrambi i campi, con l’emergere di Hamas da una parte e con l’estrema destra israeliana che ha una pressione eccessiva sul governo. Dubito che da fuori, fintanto che non maturino alcuni processi interni, si riesca a fare più di tanto… Però per certi versi in questo caso si potrebbe dire “ex malo, bonum”: è stato così grave quest’errore che gli elettori israeliani potrebbero essere spinti a punire il governo, quindi magari da qui potremmo ripartire per una dinamica positiva. E poi devo dire questo: quello che è successo potrebbe aiutare una commissione d’inchiesta non dell’Onu ma di Israele medesimo, perché nello stato di Israele, in maniera molto più seria di quanto non si faccia da noi, quando si fanno le inchiesta sul funzionamento dei corpi dello Stato, tutti i funzionari dello Stato sono terrorizzati dal livello di professionalità e di indipendenza con cui si fanno le inchieste, per certi versi simile solo a quello che si fa negli Stati Uniti e in Inghilterra. Basti pensare invece alle nostre commissioni d’inchiesta, che in genere non sono in grado di fare granchè… Quindi io non sono del tutto pessimista per il futuro della questione israelo-palestinese.

Onorevole, la ringraziamo per quest’ultima lettura e per tutti gli spunti di riflessione che ci ha dato. E’ stato davvero un piacere parlare con lei e speriamo di avere altre occasioni per approfondire insieme i temi a noi cari.

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