Secondo appuntamento col nostro Carlo Mafera che ci parla del pensiero di Giorgio La Pira, padre costituente (clicca qui per la prima parte)
Tutto ciò dimostrava che la vita di Giorgio La Pira ebbe un filo conduttore preciso: il valore della persona umana e la sua difesa. Prima individuando e precisando il concetto nei suoi studi e nelle sue riflessioni tratte dalla lettura di S. Tommaso e di Maritain. Poi sviluppando con grande acume tale assioma nella stesura dei primi articoli della Costituzione italiana. Egli infatti, in qualità di membro della prima sottocommissione dei 75 in sede costituente influenzò in modo determinante i principi animatori della nostra carta costituzionale. "Come doveva essere la nuova Costituzione? Prima di rispondere a questa domanda bisogna capire perché è entrata in crisi la precedente" La Pira punta subito sul fine che ogni carta persegue. Esistono, dice La Pira, dei fini immediati come la determinazione degli organi dello Stato quale appare nella Costituzione della antica repubblica romana.
Ma oltre questo fine immediato e visibile continua La Pira, alcune costituzioni si preoccupano nei loro preamboli di determinare, i criteri fondamentali cui deve ispirasi l'attività legislativa dello Stato e così orientare le norme giuridiche positive. La Pira prosegue "Ci vuole, quindi, un canone superiore all'esperienza storica, per interpretare tale esperienza: la realtà storica e sociale non può non essere vista attraverso una lente metafisica (cioè attraverso un principio teoretico che la illumina): se questa lente è buona l'interpretazione sarà esatta; se questa, lente è cattiva l'interpretazione sarà errata". Per esempio le "lenti metafisiche" di Hobbes, Rosseuau e Kant sono errate perché affermano che l'uomo non è sociale e che la società è frutto di un contratto al quale loro malgrado si assoggettano. Hegel al contrario, dice che la storia dell'uomo è solo collettiva dando la priorità alla società che è il prius (sostanziale) e al singolo solo valore di accidentalità. Allora, la crisi costituzionale si verifica quando l'organizzazione giuridica non è conforme alla struttura vera ed al vero fine del corpo sociale. Il motivo per il quale, questi "architetti" costruiscono male l'edificio costituzionale è perché hanno una visione errata del vero fine del corpo sociale. La conseguenza di questi errori è sempre fonte di gravi squilibri in tutto l'ordine sociale perché il diritto positivo errato provoca esiti molto gravi sulla vita effettiva degli individui. Così basta vedere l'ordinamento economico degli Stati dell'800. Le costituzioni liberali di quel periodo ebbero una influenza negativa prima di tutto per la intangibilità della libertà individuale come unica norma regolatrice del mondo economico senza che lo Stato potesse ingerirsi nei fatti e nei rapporti dell'economia la quale era abbandonata all'inesorabile meccanismo di discutibili principi. Tra questi quello che vieta le associazioni di lavoro, le corporazioni e il principio associativo in generale risultano, insieme al "laissez-faire", gravissimi per le sue conseguenze, infatti l'economia sottratta ad ogni regola superiore, etica e giuridica, provoca degli squilibri vastissimi con una concentrazione del capitale da una parte e dall'altra con la formazione di un proletariato di sempre più vaste proporzioni. Così la struttura dei rapporti di lavoro era, perciò palesemente ingiusta e il capitale era il tiranno del lavoro usurpando quel primato che spettava invece al secondo. Quindi la crisi della società borghese era economica ma anche politica perché il riconoscimento dei diritti politici era solo formale. Una classe dominante infatti non permetteva alla classe economicamente più debole di costituirsi in associazione, e ciò dimostra che non siamo in presenza di una democrazia politica né tantomeno economica. "Cosa fare? Come superare questa crisi così grave? - Si chiese La Pira - "le costituzioni di tipo "liberali" hanno provocato, ... una serie, di sproporzioni sul piano dell'economia e in tutti i piani dell'edificio sociale ... bisogna, dunque superare la crisi eliminare le sproporzioni di base e quelle derivate; cioè bisogna sostituire alla costituzione di tipo liberale-borghese, una costituzione che sia conforme al vero fine dell'uomo ed alla vera struttura e finalità del corpo sociale". La revisione va operata - dice La Pira - attraverso le correnti, di pensiero che si contrappongono alla società borghese. Queste sono in definitiva due la dottrina cattolica e quella "collettivista". Egli si chiede in fine cosa dovesse fare una costituzione personalistica in campo economico. Prima di tutto garantire il diritto di proprietà che è un diritto naturale ed una proiezione e difesa della personalità umana. Infatti non è consona alla dottrina personalista un regime come quello capitalista nel quale vi sia una grande moltitudine di "espropriati" ed una piccola minoranza di grande proprietari. "Bisogna diffondere la proprietà privata: bisogna nuovamente unire l'uomo al suo strumento di lavoro: creare un tipo di economia analoga a quella che vigeva quasi universalmente nella economia medievale: bisogna dare ad ognuno la proprietà di qualcosa: così solo si può creare un ordine economico solido ed in certo modo "conservatore". Nello stesso tempo la dottrina sociale della Chiesa è opposta a quella liberale ma anche a quella comunista che "ingigantisce il capitalismo sino a creare il capitalismo di Stato". La dottrina, dei Papi (in particolare di Leone XIII) invece sradica il capitalismo "diffondendo, il capitale a tutti i lavoratori". In quale modo si può arrivare a tale meta. La Pira, rifacendosi a La Tour du Pin e a Maritain, crede che individuando un limite al Capitalismo si può arginarlo. "Ed il limite è questo: creare, analogamente a quanto fece la corporazione medievale, la cosiddetta "proprietà del mestiere" creare un titolo di lavoro, uno status di lavoratore: il lavoratore così qualificato ... è davvero un proprietario, cessa per lui quella instabilità e quella insicurezza che costituiscono il problema più affaticante della sua esistenza". "E' questo in fondo" dice La Pira - "il nocciolo della questione operaia: fare che il lavoratore consideri come propri gli strumenti di lavoro; fare che egli sia soggetto e non oggetto della economia; rifarlo partecipare giuridicamente della comunità di lavoro alla quale di fatto appartiene".

Ma oltre questo fine immediato e visibile continua La Pira, alcune costituzioni si preoccupano nei loro preamboli di determinare, i criteri fondamentali cui deve ispirasi l'attività legislativa dello Stato e così orientare le norme giuridiche positive. La Pira prosegue "Ci vuole, quindi, un canone superiore all'esperienza storica, per interpretare tale esperienza: la realtà storica e sociale non può non essere vista attraverso una lente metafisica (cioè attraverso un principio teoretico che la illumina): se questa lente è buona l'interpretazione sarà esatta; se questa, lente è cattiva l'interpretazione sarà errata". Per esempio le "lenti metafisiche" di Hobbes, Rosseuau e Kant sono errate perché affermano che l'uomo non è sociale e che la società è frutto di un contratto al quale loro malgrado si assoggettano. Hegel al contrario, dice che la storia dell'uomo è solo collettiva dando la priorità alla società che è il prius (sostanziale) e al singolo solo valore di accidentalità. Allora, la crisi costituzionale si verifica quando l'organizzazione giuridica non è conforme alla struttura vera ed al vero fine del corpo sociale. Il motivo per il quale, questi "architetti" costruiscono male l'edificio costituzionale è perché hanno una visione errata del vero fine del corpo sociale. La conseguenza di questi errori è sempre fonte di gravi squilibri in tutto l'ordine sociale perché il diritto positivo errato provoca esiti molto gravi sulla vita effettiva degli individui. Così basta vedere l'ordinamento economico degli Stati dell'800. Le costituzioni liberali di quel periodo ebbero una influenza negativa prima di tutto per la intangibilità della libertà individuale come unica norma regolatrice del mondo economico senza che lo Stato potesse ingerirsi nei fatti e nei rapporti dell'economia la quale era abbandonata all'inesorabile meccanismo di discutibili principi. Tra questi quello che vieta le associazioni di lavoro, le corporazioni e il principio associativo in generale risultano, insieme al "laissez-faire", gravissimi per le sue conseguenze, infatti l'economia sottratta ad ogni regola superiore, etica e giuridica, provoca degli squilibri vastissimi con una concentrazione del capitale da una parte e dall'altra con la formazione di un proletariato di sempre più vaste proporzioni. Così la struttura dei rapporti di lavoro era, perciò palesemente ingiusta e il capitale era il tiranno del lavoro usurpando quel primato che spettava invece al secondo. Quindi la crisi della società borghese era economica ma anche politica perché il riconoscimento dei diritti politici era solo formale. Una classe dominante infatti non permetteva alla classe economicamente più debole di costituirsi in associazione, e ciò dimostra che non siamo in presenza di una democrazia politica né tantomeno economica. "Cosa fare? Come superare questa crisi così grave? - Si chiese La Pira - "le costituzioni di tipo "liberali" hanno provocato, ... una serie, di sproporzioni sul piano dell'economia e in tutti i piani dell'edificio sociale ... bisogna, dunque superare la crisi eliminare le sproporzioni di base e quelle derivate; cioè bisogna sostituire alla costituzione di tipo liberale-borghese, una costituzione che sia conforme al vero fine dell'uomo ed alla vera struttura e finalità del corpo sociale". La revisione va operata - dice La Pira - attraverso le correnti, di pensiero che si contrappongono alla società borghese. Queste sono in definitiva due la dottrina cattolica e quella "collettivista". Egli si chiede in fine cosa dovesse fare una costituzione personalistica in campo economico. Prima di tutto garantire il diritto di proprietà che è un diritto naturale ed una proiezione e difesa della personalità umana. Infatti non è consona alla dottrina personalista un regime come quello capitalista nel quale vi sia una grande moltitudine di "espropriati" ed una piccola minoranza di grande proprietari. "Bisogna diffondere la proprietà privata: bisogna nuovamente unire l'uomo al suo strumento di lavoro: creare un tipo di economia analoga a quella che vigeva quasi universalmente nella economia medievale: bisogna dare ad ognuno la proprietà di qualcosa: così solo si può creare un ordine economico solido ed in certo modo "conservatore". Nello stesso tempo la dottrina sociale della Chiesa è opposta a quella liberale ma anche a quella comunista che "ingigantisce il capitalismo sino a creare il capitalismo di Stato". La dottrina, dei Papi (in particolare di Leone XIII) invece sradica il capitalismo "diffondendo, il capitale a tutti i lavoratori". In quale modo si può arrivare a tale meta. La Pira, rifacendosi a La Tour du Pin e a Maritain, crede che individuando un limite al Capitalismo si può arginarlo. "Ed il limite è questo: creare, analogamente a quanto fece la corporazione medievale, la cosiddetta "proprietà del mestiere" creare un titolo di lavoro, uno status di lavoratore: il lavoratore così qualificato ... è davvero un proprietario, cessa per lui quella instabilità e quella insicurezza che costituiscono il problema più affaticante della sua esistenza". "E' questo in fondo" dice La Pira - "il nocciolo della questione operaia: fare che il lavoratore consideri come propri gli strumenti di lavoro; fare che egli sia soggetto e non oggetto della economia; rifarlo partecipare giuridicamente della comunità di lavoro alla quale di fatto appartiene".
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